Linux e Open Source: un business possibile

La comunità di individui che operano, lavorano e agiscono intorno a Linux e l'Open Source è particolarmente variegata, attiva e rigogliosa, riunendo idee e posizioni eterogenee, che vanno dal pragmatismo di programmatori e hacker a cui importa solo l'aspetto tecnico (Linus Torvalds può esserne considerato l'emblema), al purismo di coloro che hanno particolarmente a cuore gli aspetti filosofici e libertari del software libero (Stallman della Free Software Foundation (FSF) è ovviamente l'esempio più evidente), dall'interesse commerciale di varie aziende che hanno abbracciato Linux più che altro per ragioni economiche, all'opportunismo politico di chi vede in questo modo di considerare il software anche l'espressione di una ideologia politica, dall'interesse del privato che vuole usare software gratuito senza violare alcuna legge, a chi propone il Software Aperto come modello di sviluppo vincente (Raymond e l'OpenSource Initiative (OSI)).
Alla varietà di attori, filosofie ed interessi si affianca una certa confusione intorno alle definizioni di Linux, Open Source, Free Software (Software Libero) e alla moltitudine di licenze correlate, ma a prescindere dalle anime e dalle sfumature, alcuni principi, riconducibili alle logiche basilari della GPL, restano alla base di questo sistema e ne delimitano i confini.

Anche se esistono componenti nella comunità del Software Libero che considerano negativamente ogni accostamento del software libero con pratiche commerciali, la GPL stessa non ripudia, anzi, vede con favore, l'utilizzo in ambito commerciale e la vendita di software libero. Le posizioni più rapidcali sono inoltre decisamente superate dalla Open Source Initiative (OSI), che mantenendo i principi base del Free Software, cerca di proporlo in modalità e sotto una luce che risultino più appetibili alle aziende e a chi fa business. Sostanzialmente non ci sono differenze nei modelli di licenza (l'OSI di fatto non fornisce una licenza specifica ma indica tutte quelle licenze, inclusa la GPL, che rientrano nella definizione di Software Aperto), le distinzioni vengono fatte soprattutto a livello filosofico: la Free Software Foundation parla di libertà nell'uso, nella produzione e nella rielaborazione del software, l'Open Source Initiative parla di opportunità e vantaggi economici e pratici che il software con sorgenti aperti offre.

La misconcezione comune, particolarmente favorita nella lingua inglese, è che free stia per gratis: non lo è necessariamente. Free sta per libero, dove la libertà è a vari livelli:
- Utilizzare il software liberamente, senza limitazioni sul numero di volte che lo si utilizza (ma nessuno vieta che una società possa far pagare l'installazione o la distribuzione del software)
- Modificare liberamente il software, avendo libero accesso ai sorgenti e la possibilità di adattarli secondo le proprie necessità (con il vincolo che, se si usa codice GPL altrui nel proprio lavoro, si deve chiaramente indicare chi ha fatto il lavoro originario e chi le modifiche, oltre a dover mantenere una licenza GPL per il proprio prodotto derivato)
- Creare software liberamente, con la libertà di farlo nei tempi e nei modi che si preferisce, senza responsabilità nei confronti degli utilizzatori (responsabilità che nemmeno i produttori di software commerciale si prendono), che dal canto loro hanno il diritto e la libertà di modificare e migliorare autonomamente il software stesso (opzione assolutamente non possibile con software chiuso).

Va chiarito che la GPL rispetta, onora e supporta il copyright: i diritti d'autore, anzi, sono particolarmente tutelati, rispetto a quanto accade per software di pubblico dominio o con licenza BSD.
I modelli di business che si aprono intorno a questo modo alternativo di valorizzare i diritti d'autore sul software sono numerosi: alcuni completamente rivoluzionari e spiazzanti secondo le logiche correnti, in quanto richiedono un vero e proprio cambio paradigmatico su come e dove si attribuisce valore ad un prodotto o un servizio, altri relativamente convenzionali, al punto da potersi affiancare senza particolari stravolgimenti ad attività commerciali in essere.

Per comodità e migliore facilità di comprensione, ha senso dividerli in due principali categorie:
- Modelli di business basati su Linux quali la fornitura di soluzioni a valore aggiunto per VAR e VAD, la formazione e divulgazione, la consulenza, l'uso di Linux in propri prodotti elettronici ecc.
- Modelli di business basati sull'OpenSource quali la realizzazione di software dedicato rilasciato al cliente con una licenza tipo GPL, lo sviluppo di progetti Web basati su librerie GPL ecc.

E' probabile che un business basato su simili presupposti possa essere genericamente meno produttivo in termini strettamente economici, quantomeno in tempi medi, di altri business convenzionali.
E' oltremodo vero che si basa su aspetti collaborativi e orientati al progresso comune che vanno oltre (ma non escludono) il mero profitto, e si distanziano nei fatti e nelle idee dallo spirito rapace, predatorio, violentemente competitivo e di fatto dannoso per il progresso umano che sembra permeare molti modelli economici imperanti, probabilmente destinati, a lungo andare, ad un rovinoso fallimento.

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